Tutto
sulla
disfagia!

A cura di Gaia Conti
(Logopedista esperta in deglutizione)
Il termine disfagia deriva dal greco “dys” (difficoltà) e “phajein” (mangiare), indica quindi una condizione di disagio nel deglutire o una disfunzione deglutitoria obiettivamente rilevabile. Essa dunque non è di per sé una malattia, ma un esito frequente di alcune patologie e comporta l’alterazione del meccanismo che consente la propulsione del cibo dal cavo orale allo stomaco.
Respirare e alimentarsi rappresentano due tra le principali funzioni dell’attività umana: le strutture anatomiche coinvolte nella funzione di succhiare, deglutire e respirare sono in stretta contiguità e, consentendo sia il passaggio di aria che di cibo, necessitano di livelli di controllo neuromuscolare complessi e fortemente integrati.
La deglutizione è una delle attività motorie più elaborate in quanto richiede la coordinazione di una straordinaria sequenza di attivazioni e inibizioni bilaterali di oltre venticinque muscoli della bocca, faringe, laringe ed esofago: tecnicamente viene suddivisa in ben sette fasi e ognuna di queste può subire delle alterazioni, e quindi manifestare i sintomi della disfagia.
Per semplificazione, parleremo di due tipi di disfagia che colpiscono la deglutizione, quella “orofaringea” (nella sua fase iniziale di triturazione e passaggio del cibo fino all’esofago), che si manifesta principalmente con la difficoltà nella assunzione di liquidi, e una disfagia definita “meccanica”, causata da un’alterazione della propulsione esofagea, che si manifesta principalmente con la difficoltà nella assunzione e/o propulsione di alimenti solidi.
L’esatta prevalenza e l’incidenza della disfagia non sono note. I disturbi della deglutizione si stima riguardino l’8% della popolazione mondiale, e la percentuale sale all’11-16% negli anziani.
La disfagia porta spesso a conseguenze psicosociali importanti. Una persona con disfagia, infatti, subisce spesso restrizioni alle attività e alla partecipazione sociale, con grave alterazione della qualità della vita. Un’adeguata gestione dei sintomi, però, attraverso delle strategie di compenso e la modificazione di alcune tipologie di alimenti, può senz’altro contribuire nel ridurre queste limitazioni e permettere la partecipazione dei soggetti disfagici a momenti ludico-conviviali precedentemente preclusi.
Ogni persona può subire un’alterazione della deglutizione, restando “senza fiato” e tossendo fino a temere di soffocare. L’atto deglutitorio, infatti, in quanto coordinato e coinvolto anche nel pattern respiratorio, può essere inficiato in chiunque, senza necessariamente che si abbia una malattia o una disabilità. Ecco perché le buone regole del vivere sociale (non parlare o stare fermi mentre si mangia, ecc) hanno un fondamento scientifico, influenzando positivamente la coordinazione dei vari distretti anatomici.
Lo stesso invecchiamento, rallentando le competenze di coordinazione, comporta un’alterazione della deglutizione definita “presbifagia primaria”. A questa sono spesso associate patologie che incidono negativamente sul meccanismo di controllo e coordinazione della deglutizione (per esempio la demenza senile, la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, ecc…), portando a quella che viene definita “presbifagia secondaria”.
Ad ogni modo, la disfagia può manifestarsi a qualsiasi età, dai bambini con patologie neuromuscolari, esiti di prematurità o malformazioni cranio-facciali, fino a giovani adulti (sia con malattie neurodegenerative che in esiti di gravi cerebrolesioni acquisite).
Spesso i primi segni della disfagia sono subdoli: le persone che iniziano a soffrirne, non riuscendo più a deglutire bene come prima, cominciamo a evitare alcune tipologie di alimenti (iperselettività) oppure manifestano la necessità di masticare maggiormante gli alimenti, così facendo allungando di molto i tempi del pasto.
Frequente è anche la tosse e la sensazione di avere un corpo estraneo in gola, comportando la necessità di effettuare numerosi atti di deglutizione e colpi di tosse durante e dopo i pasti.
Altro segno da non sottovalutare è la perdita di peso e, nei casi peggiori, le frequenti infezioni delle alte vie respiratorie.
In base alla sua localizzazione, la disfagia può presentarsi in diverse forme cliniche che è necessario individuare per una buona diagnosi e un trattamento assistenziale ottimale.
Nella disfagia orofaringea possiamo riscontrare: difficoltà nel controllo del bolo nella cavità orale, perdita di saliva o cibo dalla bocca, tosse e sensazione di soffocamento per aspirazione delle vie aeree, rigurgito nasale, affaticamento durante il pasto, deglutizioni multiple per uno stesso bolo e assunzione di determinate posture durante la deglutizione.
Nella disfagia esofagea riscontriamo: sensazione del cibo che si blocca a livello della parte bassa della gola, pirosi (la spiacevole sensazione di fastidio, dolore o bruciore avvertita dietro lo sterno con tendenza all’irradiamento verso la gola, causando un senso di acidità che sale) e l’odinofagia (la sensazione dolorosa provata durante la deglutizione.
In sintesi, i pazienti con disfagia possono lamentare uno o più dei seguenti sintomi:
• tosse o raclàge (raschiamento) durante i pasti;
• sensazione di difficoltà respiratoria durante la deglutizione o subito dopo l’atto deglutitorio;
• alterazione della qualità vocale, con voce “umida” e gorgogliante;
• sensazione di corpo estraneo in gola;
• dolore o fastidio associato alla deglutizione, spesso percepito a livello dell’orecchio;
• scialorrea (aumento della salivazione);
• necessità di effettuare tanti atti di deglutizione per convogliare il cibo in ipofaringe;
• rigurgito dal naso durante l’assunzione di liqudi e/o semiliqudi;
• perdita di peso;
• allungamento dei tempi del pasto;
• selettività nella scelta degli alimenti;
• febbri serotine o picchi febbrili improvvisi;
• frequenti infezioni polmonari.
Le cause principali della disfagia possono essere molteplici e di varia natura: infettive, metaboliche, iatrogene (da farmaci), neurologiche, muscolari, psichiatriche, malformative, per esiti di chirurgia testa/collo e radio terapia oppure in pazienti con patologie polmonari rilevanti (BPCO e fibrosi cistica).
Il disturbo si verifica in presenza di tutte quelle condizioni che interferiscono con il controllo neurologico o con le strutture coinvolte durante il processo di deglutizione: alterazioni della forza muscolare linguale, così come alterazioni anatomo-funzionali di distretti anatomici coinvolti, possono inficiare l’atto sia nella sua parte di innesco (attivazione del riflesso deglutitorio) sia nella propulsione oro-faringo-esofagea.
Se non gestita, la disfagia può portare a uno stato di malnutrizione e disidratazione, fino a conseguenze più gravi quali la polmonite “ab-ingestis”, ovvero una polmonite causata dall’ingresso anomalo (tramite aspirazione) del cibo nei polmoni, causando gravi problemi respiratori.
Tutto
sulladisfagia!

A cura di
Gaia Conti
(Logopedista esperta in deglutizione)
Il termine disfagia deriva dal greco “dys” (difficoltà) e “phajein” (mangiare), indica quindi una condizione di disagio nel deglutire o una disfunzione deglutitoria obiettivamente rilevabile. Essa dunque non è di per sé una malattia, ma un esito frequente di alcune patologie e comporta l’alterazione del meccanismo che consente la propulsione del cibo dal cavo orale allo stomaco.
Respirare e alimentarsi rappresentano due tra le principali funzioni dell’attività umana: le strutture anatomiche coinvolte nella funzione di succhiare, deglutire e respirare sono in stretta contiguità e, consentendo sia il passaggio di aria che di cibo, necessitano di livelli di controllo neuromuscolare complessi e fortemente integrati.
La deglutizione è una delle attività motorie più elaborate in quanto richiede la coordinazione di una straordinaria sequenza di attivazioni e inibizioni bilaterali di oltre venticinque muscoli della bocca, faringe, laringe ed esofago: tecnicamente viene suddivisa in ben sette fasi e ognuna di queste può subire delle alterazioni, e quindi manifestare i sintomi della disfagia.
Per semplificazione, parleremo di due tipi di disfagia che colpiscono la deglutizione, quella “orofaringea” (nella sua fase iniziale di triturazione e passaggio del cibo fino all’esofago), che si manifesta principalmente con la difficoltà nella assunzione di liquidi, e una disfagia definita “meccanica”, causata da un’alterazione della propulsione esofagea, che si manifesta principalmente con la difficoltà nella assunzione e/o propulsione di alimenti solidi.
L’esatta prevalenza e l’incidenza della disfagia non sono note. I disturbi della deglutizione si stima riguardino l’8% della popolazione mondiale, e la percentuale sale all’11-16% negli anziani.
La disfagia porta spesso a conseguenze psicosociali importanti. Una persona con disfagia, infatti, subisce spesso restrizioni alle attività e alla partecipazione sociale, con grave alterazione della qualità della vita. Un’adeguata gestione dei sintomi, però, attraverso delle strategie di compenso e la modificazione di alcune tipologie di alimenti, può senz’altro contribuire nel ridurre queste limitazioni e permettere la partecipazione dei soggetti disfagici a momenti ludico-conviviali precedentemente preclusi.
Ogni persona può subire un’alterazione della deglutizione, restando “senza fiato” e tossendo fino a temere di soffocare. L’atto deglutitorio, infatti, in quanto coordinato e coinvolto anche nel pattern respiratorio, può essere inficiato in chiunque, senza necessariamente che si abbia una malattia o una disabilità. Ecco perché le buone regole del vivere sociale (non parlare o stare fermi mentre si mangia, ecc) hanno un fondamento scientifico, influenzando positivamente la coordinazione dei vari distretti anatomici.
Lo stesso invecchiamento, rallentando le competenze di coordinazione, comporta un’alterazione della deglutizione definita “presbifagia primaria”. A questa sono spesso associate patologie che incidono negativamente sul meccanismo di controllo e coordinazione della deglutizione (per esempio la demenza senile, la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, ecc…), portando a quella che viene definita “presbifagia secondaria”.
Ad ogni modo, la disfagia può manifestarsi a qualsiasi età, dai bambini con patologie neuromuscolari, esiti di prematurità o malformazioni cranio-facciali, fino a giovani adulti (sia con malattie neurodegenerative che in esiti di gravi cerebrolesioni acquisite).
Spesso i primi segni della disfagia sono subdoli: le persone che iniziano a soffrirne, non riuscendo più a deglutire bene come prima, cominciamo a evitare alcune tipologie di alimenti (iperselettività) oppure manifestano la necessità di masticare maggiormante gli alimenti, così facendo allungando di molto i tempi del pasto.
Frequente è anche la tosse e la sensazione di avere un corpo estraneo in gola, comportando la necessità di effettuare numerosi atti di deglutizione e colpi di tosse durante e dopo i pasti.
Altro segno da non sottovalutare è la perdita di peso e, nei casi peggiori, le frequenti infezioni delle alte vie respiratorie.
In base alla sua localizzazione, la disfagia può presentarsi in diverse forme cliniche che è necessario individuare per una buona diagnosi e un trattamento assistenziale ottimale.
Nella disfagia orofaringea possiamo riscontrare: difficoltà nel controllo del bolo nella cavità orale, perdita di saliva o cibo dalla bocca, tosse e sensazione di soffocamento per aspirazione delle vie aeree, rigurgito nasale, affaticamento durante il pasto, deglutizioni multiple per uno stesso bolo e assunzione di determinate posture durante la deglutizione.
Nella disfagia esofagea riscontriamo: sensazione del cibo che si blocca a livello della parte bassa della gola, pirosi (la spiacevole sensazione di fastidio, dolore o bruciore avvertita dietro lo sterno con tendenza all’irradiamento verso la gola, causando un senso di acidità che sale) e l’odinofagia (la sensazione dolorosa provata durante la deglutizione.
In sintesi, i pazienti con disfagia possono lamentare uno o più dei seguenti sintomi:
• tosse o raclàge (raschiamento) durante i pasti;
• sensazione di difficoltà respiratoria durante la deglutizione o subito dopo l’atto deglutitorio;
• alterazione della qualità vocale, con voce “umida” e gorgogliante;
• sensazione di corpo estraneo in gola;
• dolore o fastidio associato alla deglutizione, spesso percepito a livello dell’orecchio;
• scialorrea (aumento della salivazione);
• necessità di effettuare tanti atti di deglutizione per convogliare il cibo in ipofaringe;
• rigurgito dal naso durante l’assunzione di liqudi e/o semiliqudi;
• perdita di peso;
• allungamento dei tempi del pasto;
• selettività nella scelta degli alimenti;
• febbri serotine o picchi febbrili improvvisi;
• frequenti infezioni polmonari.
Le cause principali della disfagia possono essere molteplici e di varia natura: infettive, metaboliche, iatrogene (da farmaci), neurologiche, muscolari, psichiatriche, malformative, per esiti di chirurgia testa/collo e radio terapia oppure in pazienti con patologie polmonari rilevanti (BPCO e fibrosi cistica).
Il disturbo si verifica in presenza di tutte quelle condizioni che interferiscono con il controllo neurologico o con le strutture coinvolte durante il processo di deglutizione: alterazioni della forza muscolare linguale, così come alterazioni anatomo-funzionali di distretti anatomici coinvolti, possono inficiare l’atto sia nella sua parte di innesco (attivazione del riflesso deglutitorio) sia nella propulsione oro-faringo-esofagea.
Se non gestita, la disfagia può portare a uno stato di malnutrizione e disidratazione, fino a conseguenze più gravi quali la polmonite “ab-ingestis”, ovvero una polmonite causata dall’ingresso anomalo (tramite aspirazione) del cibo nei polmoni, causando gravi problemi respiratori.